1K - 1KCondivisioni
Negli ultimi anni le bibite senza zucchero aggiunto sono sempre più diffuse. Dallo sportivo alla casalinga sovrappeso, in tutto il mondo chi vuole ridurre drasticamente l’apporto calorico o l’assunzione di saccarosio nella propria dieta, ha a disposizione bibite o alimenti privi di zuccheri aggiunti. Molti dolciumi e soft drinks in commercio spesso hanno una versione light: dalla cola ai biscotti, oggi il consumatore può scegliere fra una vasta gamma di prodotti alimentari senza avere l’impressione di sgarrare la dieta.
Le prime bibite senza zucchero furono lanciate sul mercato dei paesi industrializzati negli anni ’50; destinate inizialmente ai diabetici, il loro consumo si è poi allargato, con l’aumento del benessere e dei problemi di salute a esso correlati, anche a chi voleva perdere peso senza rinunciare a una bibita dolce e, negli ultimissimi anni, ai “nemici” degli zuccheri raffinati.
Sempre più persone nel mondo credono che lo zucchero raffinato sia gravemente dannoso per la salute, convinzione supportata da test e studi che correlano l’assunzione di saccarosio a diabete, malattie vascolari, obesità (facendo drasticamente alzare il livello di insulina che poi crolla in pochissimo tempo, aumentando la voglia di carboidrati), carie e addirittura dipendenza fisica poiché contribuisce a produrre la dopamina creando un ciclo vizioso.
Le bibite industriali contengono una quantità altissima di zucchero e il loro impiego nella dieta fa velocemente superare i livelli di assunzione di questo elemento suggeriti dall’OMS, portando molti a preferire la versione zero zuccheri nella convinzione di agire per il proprio bene.
Questa è una mezza verità poiché se è vero che nella dieta dei diabetici o degli obesi il loro uso è imperativo, nelle bibite light o zero, il saccarosio (lo zucchero bianco) viene sostituito da edulcoranti spesso di sintesi; sostanze che pur non avendo potere nutritivo o apporto energetico, hanno comunque un forte impatto sul metabolismo e sulla produzione di insulina.
I dolcificanti usati nell’industria sono molti e alcuni hanno un’origine naturale ma sono calorici e nutrienti quindi inadatti in caso di patologie che impongano una dieta priva di zuccheri o calorie: la stevia, lo sciroppo d’agave (che è un alimento al pari di sciroppo d’acero e miele), il malto d’orzo, il succo d’uva e la melassa sono dei buoni sostituti dello zucchero ma non tutti li possono assumere.
Fra quelli creati in laboratorio il più noto è l’aspartame, scoperto per caso negli anni 60, ha un potere addolcente duecento volte quello del saccarosio e una quantità massima giornaliera di assunzione suggerita di 4 mg per chilo corporeo; poi ci sono la saccarina, ossia il primo edulcorante artificiale inventato nel 1879 e usato inizialmente nei periodi di guerra per la penuria di zucchero, l’acesulfame K, che non viene metabolizzato e quindi è meno dannoso, il ciclammato e il neotame – considerati i più nocivi – e i polioli, cioè gli alcoli dello zucchero: edulcoranti di ultima generazione come il sorbitolo, lo xilitoloe il mannitolo, considerati sicuri ma non totalmente privi di calorie e con un potere edulcorante molto basso.
Scegliere una bibita light fa forse perdere peso ma, quasi sicuramente, come suggerito dagli ultimi studi, non è una scelta così sana.
L’aspartame viene correlato allo sviluppo di tumori molto meno di quello che si pensava, ma provoca anche reazioni allergiche, con sintomi come orticaria e emicranie, ed è altamente sconsigliato in gravidanza, caratteristica che accomuna tutti i dolcificanti di sintesi.
La saccarina, invece, è lassativa ad alte dosi e sembra sia cancerogena sugli animali così come il ciclammato: ritirato a lungo dal mercato con l’accusa di provocare il cancro alla vescica sui topi, è stato reimmesso quando si è stati certi che non avesse lo stesso effetto sull’uomo a patto di non superare le dosi consigliate.
Nelle bibite industriali, gli additivi naturali sono pochissimi o addirittura assenti, quindi ingerendole si assumono quasi esclusivamente coloranti, conservanti, aromi artificiali, acidi, caffeina, zuccheri artificiali e nessuno di questi elementi, si sa, è utile al il nostro corpo.
Studi effettuati su decine di migliaia di donne in Norvegia e Danimarca hanno scoperto, pur non chiarendone le cause, che spesso un uso abituale di questi drink porta al parto prematuro nell’11% dei soggetti e addirittura all’obesità infantile del nascituro.
Ovviamente, in una dieta priva di zuccheri come quella che devono seguire i diabetici, i dolcificanti sono utilissimi ma questo si verifica anche in una dieta volta alla perdita di peso?
Le ultime scoperte dicono di no: bere bibite zero o light, alla lunga, non fa nemmeno dimagrire, anzi. All’uso di edulcoranti artificiali molti studi associano un aumento dell’incidenza della sindrome metabolica, con conseguente aumento di peso e rischio d’obesità e malattie cardiovascolari. Gli studi che affermano il contrario sono tutti finanziati dall’industria alimentare quindi la verità, per essere incontrovertibile, ha bisogno di altre ricerche approfondite e super partes. La teoria secondo la quale le bibite zero stimolano gli ormoni della fame, attivano la dopamina e alterano i recettori del gusto non è ancora stata provata scientificamente anche se tutto porta a pensare che l’assunzione di dolcificanti chimici, traendo in inganno il corpo, lo spinga ad avere sempre più fame e voglia di dolce.
Per quanto riguarda il diabete di tipo 2, una ricerca fatta su oltre 64.000 soggetti ha dimostrato che la probabilità di sviluppare questa malattia aumenta del 21% fra gli assuntori di dolcificanti sintetici (ma del 42% fra quelli che bevono bibite zuccherate) che sembra causino anche problemi cardiaci e l’aumento della pressione sanguigna nel 9% degli assuntori.
Oltre a questo la presenza di fosforo, comune nelle bibite industriali, porta a deficit renali e problemi di osteoporosi. Il fosforo, infatti, disturba il fissaggio del calcio nelle ossa, processo importantissimo nella fase di sviluppo.
Tutti questi effetti si manifestano principalmente in chi assume d’abitudine questo genere di additivi chimici, quindi maggiore è il consumo, maggiore sarà il rischio, il quale si azzera quasi del tutto nel caso ci si moderi bevendo al massimo un bicchiere a settimana.
Dopo queste scoperte che non assolvono in alcun modo le bibite industriali – pur concedendo che le loro versioni light sono utili a diabetici e obesi che proprio non riescono a farne a meno – la scelta migliore per chi ha sete e non si accontenta dell’acqua (l’opzione migliore di tutte) sono sicuramente i succhi naturali o la frutta fresca; alimenti che, pur avendo delle calorie, forniscono zuccheri naturali necessari all’uomo e ottimi elementi nutritivi – come sali minerali, vitamine e fibre – e sicuramente sono più buoni di un’aranciata in lattina.
1K - 1KCondivisioni
Commenta con Facebook