Curiosità

L’influenza Dei Colori Nella Percezione Del Gusto

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Assaporare una pietanza, un buon vino, un dolce lussurioso, qui tutto parla di uno dei nostri sensi: il gusto. Eppure, ogni anno, l’industria alimentare spende miliardi di dollari nel tentativo di rendere i suoi prodotti visivamente più attraenti. Dal packaging delle multinazionali, all’impiattamento che la casalinga copia dall’ultimo celebrity chef, tutto strizza l’occhio all’immagine, alla presentazione, all’estetica.

Un piatto può essere composto da elementi di prim’ordine ma, se presentato in modo grossolano perde molto del suo appeal e, così dicono gli studi, anche del suo sapore o perlomeno del potenziale percettivo – rispetto al gusto – di chi la assaggia. Le scelte commerciali delle aziende nascono da evidenze scientifiche che suggeriscono di intraprendere una strada piuttosto che un’altra, per aumentare i profitti. Il colore della confezione e la gradazione di rosso del succo d’arancia, sono scelti con il preciso intento di creare nel consumatore una modifica percettiva che lo condizionerà a preferire un prodotto invece di un altro.

Gli elementi che influenzano la percezione del sapore

La vista è il primo dei nostri sensi, quello a cui ci affidiamo istintivamente e che ci dà le risposte più immediate.

Davanti a un gelato di colore rosso, ad esempio, interviene la memoria – sollecitata dall’immagine – a suggerirci che potrebbe avere un sapore dolcissimo come l’anguria o le fragole, mentre se fosse giallo penseremmo istintivamente al limone aspettandoci sia aspro. In entrambi i casi, però, la realtà potrebbe essere diversa poiché anche la rapa è rossa, ma dolce non è, e anche l’ananas è giallo ma sicuramente non aspro. Quindi, nella percezione dei sapori, quanto conta il colore di ciò che si assaggia, indipendentemente dal suo grado di dolcezza ad esempio, nella valutazione soggettiva del gusto?

Un esperimento semplice ma significativo è quello, fatto negli anni 70 e illustrato nel celebre Fast Food Nation di Eric Schlosser, che ha dimostrato come i colori influenzino l’appetito anche dopo aver mangiato.

I soggetti del test hanno partecipato a un pranzo; in una stanza illuminata da luci artificiali modificate è stata servita loro una comunissima bistecca con patate e piselli, che tutti hanno mangiato. Alla fine dell’esperimento gli ignari soggetti hanno scoperto, appena le luci sono tornate normali, che la bistecca era in realtà blu, i piselli rossi e le patate verdi, ma che la luce li aveva indotti in errore falsando il colore delle pietanze. Stupore a parte, molti dei partecipanti si sono sentiti male, dimostrando che, nonostante la perfetta digeribilità degli alimenti somministrati, il corpo li ha rifiutati solo quando ha visto che il loro colore non era “accettabile” secondo canoni consolidati.

Una simile reazione viene attribuita al fatto che alcuni colori come il blu, il viola e il verde, si trovano rarissimamente negli alimenti in natura, anzi, spesso sono associati a cibo avariato o ammuffito pertanto ci si aspetta che, una volta ingeriti – nonostante alcune eccezioni – ci possano causare disagi e/o malattie. Infatti raramente le grandi industrie alimentari scelgono di produrre snack blu, verdi o viola.

Al contrario, poiché l’uomo associa determinati colori alla salubrità del cibo, alcuni alimenti naturali come il burro vengono colorati – in alcune nazioni – per divenire più appetibili e sembrare più “sani”.

Nella tradizione cinese ad ogni colore è associato un sapore: il verde per l’acido, il rosso per l’amaro, il bianco per il piccante, il giallo per il dolce, il nero per il salato. Quindi, se soggetti a un esperimento, asiatici e occidentali percepiranno sfumature di sapore diverse a seconda del colore di ciò che mangiano, evidenziando che la regione di appartenenza di chi assaggia, assieme alla provenienza dell’alimento, pesano sul giudizio finale.

La forza dei colori

I colori (tonalità e saturazione soprattutto) sono così potenti da farci percepire una differenza di sapori più marcata, Anche qui, esperimenti su volontari hanno permesso di provarlo; si è partiti da un succo d’arancia fra i più bevuti e, aggiungendo via via più colorante e zucchero a un gruppo e solo zucchero all’altro, si è provveduto a registrare le opinioni su gusto e dolcezza scoprendo che la differenza, data da una quantità maggiore di colorante e zucchero, veniva percepita molto più marcata rispetto a quella provocata solo dallo zucchero. In sostanza, la modifica del sapore fra il primo e secondo bicchiere era più marcata nel succo più colorato. Altro fantastico esempio sono le M&M’s, diversi colori, stessa composizione, diversa percezione del gusto (stimolata dal colore).

Nonostante questa evidenza di tanto in tanto qualche azienda, con alterne fortune, cerca di commercializzare cibi dai colori insoliti. Esempio azzeccato è quello di Heinz, il colosso delle salse, che dal 2000 al 2006 ha messo sugli scaffali dei supermercati un ketchup non più rosso, senza modificarne il sapore. Il primo fu verde, lanciato in concomitanza col blockbuster Shrek, e il colore fu scelto proprio per la sua naturalezza, i pomodori sono anche verdi. Successivamente, nel tentativo di attrarre i piccoli consumatori, vennero altri colori particolari, come il blu; l’esercizio sembrò funzionare per qualche tempo ma poi venne abbandonato e Heinz tornò al rassicurante rosso. L’operazione, infatti, aveva comportato una manipolazione dell’alimento, per sostituire il rosso tipico del pomodoro con coloranti di varia natura, tale da renderlo troppo poco sano agli occhi degli acquirenti (principalmente le madri dei piccoli fans di Shrek).

Fonte: Imgur

Altro esperimento dal successo limitato fu la Chrystal Pepsi, lanciata sul mercato all’inizio degli anni novanta. Questa cola, trasparente come l’acqua, fu un mezzo flop, il suo colore – totalmente disconnesso, nell’immaginario collettivo, dal suo gusto effettivo – ingannò talmente tanto gli acquirenti da far loro pensare che “sapesse di limone” nonostante il limone non ci fosse, una comprensibile associazione con altri tipi di soda al gusto di limone.

Dopo l’insuccesso, fu riproposta nel 2016 e 2017 in edizione limitata per la stagione estiva. Questa volta ebbe migliori fortune ma, probabilmente, fu grazie all’operazione nostalgia che accompagnò il lancio sul mercato. Infatti Pepsi & Co., dopo una petizione del pubblico su Change.org e un movimento d’opinione sui social, decise di reintrodurla sul mercato e il lancio fu fatto in grande stile.

Questo ci fa capire che la discriminazione percettiva generata da diversi input – primo fra tutti l’utilità (si sceglie quanto è più utile) – è attiva anche in conseguenza a segnali visivi. Anche un esperto di vini può non riconoscere la differenza tra un bianco e un rosso se li assaggia bendato e magari entrambi alla stessa temperatura e se un bianco è colorato, può facilmente essere scambiato per un rosso anche dagli esperti. Le prove suggeriscono che spesso, in associazione con altri sensi, è il segnale visivo a generare un effetto discriminatorio. Conta quello che vediamo: una bibita gialla, colorata più o meno intensamente, ci sembrerà più o meno fresca e dissetante a seconda del suo colore, anche se il sapore resta il medesimo.

Ad esempio altri studi hanno scoperto che tendiamo a preferire i cibi rossi a quelli verdi (e a considerare i verdi meno calorici anche quando non lo sono) probabilmente perché nel periodo in cui l’uomo si nutriva di bacche, nel momento della raccolta la discriminante era il colore: bacca rossa/cibo buono nutriente, foglia verde/niente di buono o comunque poca sostanza. Pertanto, nel processo evolutivo, questo istinto si è mantenuto ed emerge comunque, anche se abbiamo moltissimi alimenti a disposizione.

I colori complementari inseriti nello stesso piatto (piatto verde pietanza rossa) lo fanno sembrare più appetibile, altri colori stimolano la sete (il logo della Fanta è un esempio), altri stimolano l’appetito quindi, la prossima volta che ci apprestiamo a fare food shopping, dobbiamo essere consapevoli che la nostra scelta sarà indirizzata anche dai colori. Non sempre la fragola più rossa è quella più buona!


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